mercoledì 25 marzo 2009

LE DONNE E LA RESISTENZA

Le donne sanno essere tante cose.
Guerriere (che ammiro sconfinatamente) quelle ragazze che, con un coraggio cui nessuno le aveva educate, presero le armi e la via dei monti per una vita da “bandite”, vita che in troppi casi poi segnò la loro vicenda personale in nome di una morale arcaica e misogina, ingiusta e antifemminista, che ha serpeggiato sempre nella storia.
Meritarono medaglie e morirono in tante per la causa, ma con grande rammarico non trovo nessun monumento dedicato a loro.
E ancora più numerose furono le donne, di ogni estrazione sociale, che formarono il tessuto della resistenza civile; si occupavano di passare ordini, di fornire mezzi di sussistenza e cure ai partigiani, agli ebrei nascosti nelle loro case ai feriti ed ai perseguitati.
Questo è un popolo di donne senza nome per la “storia”, ma era su quelle braccia e su quel coraggio che pesava la sopravvivenza quotidiana di chi combatteva.


Questo succedeva anche nel mio paese, sulla prima delle colline coperte da boschi e vigneti, dove i partigiani avevano un campo base; quattro di loro vivevano presso altrettante famiglie (avevano carte d’identità false, ben confezionate dalla figlia della sarta): il pericolo era continuo, in ogni parola ed in ogni gesto, perché si viveva a gomito con lo spione in camicia nera.
Il rastrellamento del 12 dicembre cercava di stanare proprio quei ragazzi.
I nazisti arrivano in paese con l’autoblindo e si dividono per corti e cascine. Controllano tutto, ispezionando angoli e fienili.
Entrano anche nella cascina che nasconde uno dei partigiani, ma la maestra del paese vicino aveva già dato l’allarme e le donne l’avevano fatto scappare nei boschi. Però, nella botte in fondo alla cantina era ancora nascosta la radio che il parroco, un omone formidabile, aveva affidato ad una delle ragazze di casa: lei aveva il compito di ascoltare radio Londra ed essere pronta a ricevere il segnale “angelo della notte”.
In quel caso, in tutta fretta, partiva con la bicicletta verso un certo bosco e portava nascosto in una scarpa il messaggio che in quella notte, a quell’ora e nel luogo convenuto, si sarebbe effettuato un lancio aereo di armi e di aiuti di prima necessità.
Quella radio nella botte poteva costare molto cara a tutta la famiglia.
La mamma era spaventata ma la paura la rese audace: “fame? mangiare?” Si offre così di mettere a tavola quella decina di soldati e, aiutata dalle figlie, corre a prendere le uova conservate nell’avena e con una grande frittata e il pane della settimana (cotto nell’unico forno vicino al municipio) distrae la truppa che mangia, ringrazia e se ne va.
E’ passata. Come quell’altra volta, quando nell’orto erano sotterrate le armi dell’ultimo lancio.
Ricordi e racconti in un intreccio stretto stretto di sofferenza, pericolo, coraggio; atti di eroismo quotidiano, piccoli e grandi segreti ben custoditi, fame e condivisione delle cose primarie della vita, cose di donne!

Cristiana Bonacina

Vice Presidente ANPI
Sezione Ovest Ticino

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