Ho la netta impressione che rischiamo di commettere l’errore di accodarci acriticamente alle proteste, solo in parte condivisibili, dei dipendenti pubblici.
Il malcontento creato dalle proposte del ministro Brunetta si sta concentrando unicamente sugli aspetti punitivi, col rischio di essere incanalato verso una china di pura difesa dell’indifendibile esistente.
In più occasioni ho provato a dire la mia, ma inutilmente.
L’orientamento che emerge, anche su queste pagine, è di totale rifiuto del provvedimento del ministro. Ma io insisto ancora, perché tale orientamento a me sembra non corretto e politicamente suicida.
Ho passato vent’anni della mia vita nelle istituzioni pubbliche e posso affermare, con cognizione di causa, che tra le riforme strutturali da fare, quella della pubblica amministrazione, rappresenta la priorità assoluta.
Il problema della sua produttività e della sua efficienza, per l’impatto diretto che determina sul tessuto sociale ed economico del Paese, ha un’ importanza decisamente capitale, che non può essere trascurato o messo in secondo piano.
L’impianto burocratico farraginoso ( e spesso inutile), la rigidità delle strutture organizzative, la sclerotizzazione delle procedure operative, il tecnicismo barocco, l’assurda autoreferenzialità, fanno della pubblica amministrazione il primo bersaglio delle maledizioni quotidiane del cittadino.
Di chi sono le responsabilità di tutto questo? Innanzitutto dei partiti e dei Sindacati, sempre pronti a tutelare ciascuno la propria greppia; ma anche dei dipendenti, che su questo terreno di coltura, hanno contribuito a produrre e ad alimentare uno status, oggettivamente " molto discutibile", dell’operatore pubblico, che non ha eguali nel privato.
In questi giorni di forti agitazioni sindacali, forse qualcuno ha parlato di come orientare la macchina amministrativa alla soddisfazione del cittadino? E che dire della produttività? E del rapporto costi/benefici? E ancora della trasparenza, della legalità, dei controlli di qualità e del merito?
Sì anche del merito, perché è evidente che non si può fare di tutta l'erba un fascio. Ci sono, eccome, fior di dipendenti bravi, seri, impegnati ed è su questi che bisogna far leva, motivandoli e premiandoli, per risollevare le sorti, ormai fallimentari, delle nostre istituzioni.
Per cui, al di là degli eccessi polemici e propagandistici del Ministro, non possiamo non misurarci sul tema fondamentale di una riforma radicale della pubblica amministrazione.
Diversamente rischiamo davvero di rafforzare l’idea di un Brunetta deus ex machina dell’ingarbugliata matassa della pubblica amministrazione.
smac
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lunedì 28 luglio 2008
Brunetta deus ex machina della pubblica amministrazione?
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