venerdì 27 giugno 2008
venerdì 20 giugno 2008
Baruffe Oleggesi: dilaga l’incultura del dico quindi è vero…
Chi la spara più grossa, più tagliata di spada, meno verificata nei dettagli, sembra l’interprete vero dell’immancabile malessere diffuso…
Chi usa lancinanti giudizi “male amministrate, arroganti, creatori di tensioni” offre alternative di largo respiro...: buoni libro, collaborazioni con la Guardia Forestale per reprimere la microcriminalità, sequestrare motorini e smettere di progettare opere pubbliche.
Così è scritto in “LeggOleggio”, patinata enigmistica con aspirazioni politiche.
E se, invece di essere impazienti di mandare a casa l’Amministrazione Ferrara, gli Oleggesi stessero pazientemente aspettando di capire come potrebbe essere possibile che minoranze divise che si trincerano dietro le percentuali delle elezioni politiche possano mai trasformare in programma e squadra sentenze altisonanti come “chi sbaglia paga”?!?
Tra l’avventura di ripercorrere strade che hanno già dimostrato l’immensa distanza tra il dire e il fare ( c’è di mezzo il Commissario…) per i Democratici di Oleggio è meglio continuare insieme il percorso di una Città solidale, accogliente, attenta alla qualità della vita, che piace a tantissimi Oleggesi e non, con serenità, pace e amore per la nostra terra, per Oleggio, semplicemente.
C.M.
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giovedì 19 giugno 2008
Legge ad personam?
Ieri, mercoledì 18 giugno, il Senato ha approvato, con 160 voti favorevoli e 11 contrari, l’emendamento al decreto sicurezza che sospende per un anno i processi per i reati non gravi, commessi prima del 30 giugno 2002.
Con questo provvedimento viene ordinato ai giudici di dare precedenza assoluta ai reati di più alto allarme sociale, come ad esempio mafia, terrorismo, stragi e quelli che prevedono rito direttissimo e immediato.
Casualmente, tra i reati sospesi, rientra anche il cosiddetto processo Mills, dove il premier Berlusconi è imputato per corruzione.
Sicuramente, il crescente allarme sociale, ha determinato la necessità oggettiva di disciplinare in maniera efficace la tempistica e l’esecuzione dell’azione giudiziaria.
Ma perché la maggioranza ha avuto così tanta fretta di inserire nel ddl sulla sicurezza l’emendamento che, con la scusa di sgravare il lavoro delle procure, sospende di fatto il processo Mills? Perché questo emendamento non sembra altro che l’ennesima norma “salva – premier”?
Forse, effettivamente lo è. Proprio per questo i rappresentanti del nostro partito e dell’Idv hanno abbandonato l’aula del Senato prima del voto.
Non è lecito, avere il dubbio che la maggioranza abbia, per l’ennesima volta, approvato una legge ad personam facendola passere come a beneficio degli interessi dei cittadini e della macchina giudiziaria? Il vero obiettivo di questo provvedimento, non potrebbe essere piuttosto quello di impedire che il processo arrivi a una sentenza, prima che il nuovo “Lodo Schifani” metta a riparo le cinque più alte cariche dello Stato da processi o inchieste sgradevoli per tutta la durata del loro mandato?
Ma, anche se, non volessimo dubitare sulla buona fede dell’operato della nostra maggioranza, sicuramente non possiamo evitare di porci una domanda: è giusto che la politica, tramite un decreto e senza consultare i vertici della magistratura, decida quali, per quale specie di reato e a partire da quando i processi vadano accelerati, rallentati o addirittura sospesi?
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martedì 17 giugno 2008
La tolleranza zero non resti fuori dalle fabbriche
Il mese scorso, alcuni senatori del PD, hanno presentato una interrogazione per chiedere al nuovo governo come intende garantire la sicurezza sul lavoro e quali misure vuole adottare per potenziare le ispezioni contro il lavoro irregolare.
Il rapporto Inail ci dice che in Italia, nel 2007, sono morte 1.260 persone sul lavoro. Gli infortuni gravi sono stati 913.500 e la regione che registra il maggior numero di 'morti bianche' è la Lombardia, seguita da Veneto, Campania e Lazio. L'Italia inoltre registra un triste primato europeo poiché la diminuzione delle morti sul lavoro è stata solo del 25,4 per cento, rispetto al meno 48,3 della Germania o al 33,6 della Spagna. Lo Stato per sostenere e riabilitare le persone che
subiscono infortuni gravi sul lavoro spende 45,5 miliardi di euro, il 3,21 per cento del Pil. In Lombardia, ad esempio, uno dei quattro 'motori' europei del
settore industriale, nel solo mese di aprile si sono registrate cinque 'morti bianche'.
Il governo Prodi e la sua maggioranza molto hanno fatto per rispondere alla drammaticità del fenomeno attraverso misure quali l'istituzione del
Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, l'approvazione del Testo unico e del decreto attuativo delle norme
sulla sicurezza del lavoro. Con la Finanziaria si è autorizzata la spesa per incrementare gli ispettori del lavoro e il ministro Damiano ha più volte ribadito la necessità e l'intenzione del governo di aumentare le
ispezioni sul lavoro puntando nel 2008 a passare da 70.000 a 250.000 controlli nelle aziende.
Nonostante questi sforzi, spiegano i parlamentari del Pd, i tristi fatti di cronaca dimostrano la mancanza della cultura della sicurezza sul lavoro, della formazione, dell'informazione e della certezza della pena e quanto questi siano necessari.
Dopo l’ennesimo, tragico incidente che ha spezzato la vita di sei persone a Mineo in Sicilia, anche il segretario del Pd, Walter Veltroni ha sottolineato che gli strumenti legislativi per evitare questa infinita strage quotidiana sono stati già messi in campo dal governo Prodi e che ora i tratta di applicarli in maniera rigorosa, aumentando i controlli e utilizzando la necessaria severità con chi viola le regole. Il Pd, ha aggiunto Veltroni, non si stancherà mai di far sentire la propria voce per difendere e promuovere in ogni modo il
diritto primario di tutti i cittadini alla sicurezza sul lavoro”.
Nell’intervento che ha tenuto lo scorso 7 giugno al convegno dei giovani industriali di Santa Margherita, il neo ministro del Welfare del governo Berlusconi, Maurizio Sacconi, ha però dichiarato :”Metteremo mano attraverso un intenso dialogo sociale al testo unico sulla sicurezza sul lavoro perché tale sicurezza non può essere sostenuta da odiosi incrementi di adempimenti formali e da sanzioni spropositate.
A queste dichiarazioni ha risposto Antonio Boccuzzi, ex operaio e unico sopravissuto al rogo della Thyssen ed oggi deputato del Pd, in una intervista su Repubblica dell’8 giugno. Boccuzzi afferma che l’attuale testo sulla sicurezza, approvato dal governo Prodi, è equlibrato e non punitivo nei confronti delle aziende e che dunque sarebbe più giusto, come sottolineato dallo stesso Veltroni, applicare la legge che c’è e verificare in un secondo tempo se ci sono delle lacune da colmare o dei difetti da superare.
Alle accuse del ministro che dice che il centrosinistra ha previsto un aumento spropositato delle sanzioni per le imprese e che pare voglia mettere in atto una forte deregolamentazione del mercato del lavoro, Boccuzzi risponde che la tutela della salute è un bene primario da difendere e che di fronte alle proposte di Sacconi dovrebbe esserci una forte protesta anche da parte del sindacato e dei lavoratori.
Infine, il neo parlamentare del PD, ritiene inaccettabile la sproporzione tra i toni usati quando si parla di sicurezza dei cittadini nei quartieri delle grandi città e quando invece si parla di sicurezza, per gli stessi cittadini, sui luoghi di lavoro. La tolleranza zero sulla sicurezza non si può fermare ai cancelli delle aziende. Quando ci sono le tragedie tutti si dicono scandalizzati; quando invece passa un po’ di tempo allora si scopre che la sicurezza costa e che bisogna ridurre le sanzioni.
Il partito democratico non accetterà in parlamento arretramenti nella tutela della salute sui luoghi di lavoro.
S.G.
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Invito al lettore
Durante l’incontro dello scorso 28 maggio, il nostro circolo ha deciso di realizzare un periodico su temi d’attualità, locali e nazionali, che verrà prossimamente distribuito ai suoi aderenti e non. Invitiamo, pertanto, i visitatori di questo blog di proporci argomenti che vorrebbero che venissero trattati e di mandarci le loro considerazioni in merito.
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giovedì 12 giugno 2008
SABATO 14 GIUGNO INCONTRO PUBBLICO SULLE FONTI RINNOVABILI
L´energia solare, un´opportunità per cittadini, imprese ed enti locali - La proposta del Partito Democratico
ORE 10.00 c/o sede Consiglio Circoscrizionale SUD di Novara, via Monte San Gabriele 50
Interverranno:
-Sen. Roberto Della Seta - Responsabile nazionale ambiente PD, Presidente di Legambiente
-Franco Paracchini - Assessore all´ambiente della Provincia di Novara
-Simone Pinamonte - Dirigente Unendo Energia SPA
L´incontro sarà introdotto da un breve saluto di Paola Turchelli, Coordinatrice Provinciale del Partito Democratico
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mercoledì 4 giugno 2008
Verice Fao. Napolitano: puntare ancora sull'agricoltura
"Non può mancare in nessuno il senso della drammaticità della crisi che è esplosa e delle sue conseguenze soprattutto per le popolazioni più povere, per quasi un miliardo di persone sottonutrite, ma anche per fasce sociali colpite dovunque da una perdita grave di potere d'acquisto". Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, apre la 'Conferenza della sicurezza alimentare' della Fao a Roma, con un grido di allarme sull'aumento di fame e povertà nel mondo.
Napolitano elenca senza mezzi termini una lunga lista di ritardi e di sottovalutazioni che denunciano "l'impreparazione" con cui è stata affrontata la crisi, invocando uno "spirito di critica, senza convenzionalismi, nella ricerca di possibili errori di sottovalutazione e imprevidenza". Gli errori e i ritardi fatti nel valutare la crisi del cibo, a giudizio del Capo dello Stato italiano, sono giunti da più parti. "Si è probabilmente tardato - spiega - a valutare quale radicale mutamento avrebbe portato con sé l'impetuoso sviluppo delle grandi economie emergenti sotto il profilo della domanda di derrate alimentari. Non ci si è preparati a uno scenario nel quale, per il concorso di una serie di fattori, anche di carattere speculativo, potesse profilarsi la fine dell'era del cibo a buon mercato".
Inoltre, continua Napolitano davanti ai capi di Stato e di governo in assemblea a Roma, "non è stato sufficientemente valutato l'impatto di medio e lungo periodo di talune politiche agricole e commerciali, da un lato, sulle esportazioni e, dall'altro, sul consumo interno, laddove andava individuato il necessario punto di equilibrio tra questi due obiettivi. Nel contempo non si sono sufficientemente considerati gli effetti derivanti dalla destinazione di superfici coltivate per la produzione di biocarburanti".
''Se queste sono le premesse - conclude il Presidente - è la politica che deve intervenire sul mercato con la sua forza e le sue scelte. Per superare la crisi alimentare e garantire una prospettiva di reale food security non si può fare affidamento sulle virtù riequilibratrici del mercato. Mentre - continua - si può e si deve riconoscere la necessità di politiche di interventi che abbiano il loro quadro di riferimento e le loro espressioni operative nel sistema delle Nazioni Unite".
Napolitano cita il rapporto della Banca mondiale per sostenere che "l'agricoltura continua a rappresentare uno strumento fondamentale di sviluppo sostenibile e di riduzione della povertà".
Per il Presidente "emerge più in generale l'imperiosa necessità di politiche coordinate a livello mondiale volte a fronteggiare un'allarmante emergenza, attraverso interventi volti a sostenere l'offerta di prodotti alimentari, in favore dei paesi più colpiti dalla crisi, e a gettare le basi di nuovi investimenti in agricoltura dovunque esistono possibilità di incremento e miglioramento delle produzioni alimentari".
fonte: APCOM
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martedì 3 giugno 2008
Quelle tre paure da disinnescare solidarietà per fermare barbarie
CARO direttore, mentre la destra italiana si appassiona ai tatuaggi di chi compie violenze, nel resto del mondo l'Italia è sotto la lente d'ingrandimento come Paese a rischio xenofobia. Giornali liberali (e persino conservatori) inglesi o tedeschi, francesi o spagnoli scrutano e trovano nelle vicende italiane i segnali di un nascente razzismo sottovalutato e non combattuto - quando non letteralmente alimentato se non altro dal punto di vista del clima politico - dal governo che si è insediato in queste settimane. Confesso che il dibattito sui tatuaggi (fuor di metafora, la discussione sulle appartenenze politiche dichiarate da chi compie i raid contro i negozi cingalesi) mi appare del tutto inutile o meglio gravemente dannoso. Non essere allarmati davanti a quello che accade è un pessimo segnale: il mito della giustizia fai-da-te è già un problema politico, l'aggressione a cittadini per la loro nazionalità o etnia è già l'annuncio di un rischio xenofobo. E' stata Famiglia cristiana a porre la domanda più provocatoria e imbarazzante: perché, se c'è tanta voglia di ronde, in questi anni nessuno le ha fatte contro i camion della camorra che portavano i rifiuti nelle discariche criminali?
Credo che, se la politica vuole essere all'altezza della sfida, le domande da porsi siano ancora più radicali. Quali radici ha quel senso di paura che attraversa la società italiana? E quali risposte bisogna dare per evitare che la paura prenda la direzione della violenza e dell'irrazionalità? Mi è capitato di dire più volte che il bisogno di sicurezza non è né di destra né di sinistra, ma che è un diritto inalienabile dei cittadini. Ma quando parlo di diritto alla sicurezza (fateci caso, questa parola sta sostituendo altre che in passato avevano maggiore circolazione come legalità e giustizia e anche questo non è ininfluente) mi riferisco a quel diritto ad un perimetro, individuale e sociale insieme, di certezza e di tranquillità. Le paure assediano oggi questo perimetro e, nella percezione di molti, hanno già aperto qualche falla quando non abbattuto ogni difesa.
Zygmunt Bauman, che più acutamente di tutti ha cercato di indagare questo universo, ha indicato tre tipi di paure e non per amore di catalogazione ma per indicarci quanto complesso e intrecciato sia questo universo individuale e sociale. Ci sono paure - dice il sociologo - che minacciano il corpo e gli averi, quelle che insidiano la propria collocazione nel mondo e la propria identità, esponendoci alla possibilità di essere umiliati ed esclusi a livello sociale e quelle di natura più generale, che riguardano la stabilità e l'affidabilità dell'ordine sociale. Tre livelli diversi, quasi dei cerchi via via più larghi.
Il primo (il corpo e gli averi) è quello più evidente, il più sensibile ed esposto a quella che chiamiamo microcriminalità. Il secondo tocca la propria collocazione sociale, la posizione all'interno del mondo, la sorte del proprio reddito, del proprio lavoro, della considerazione diffusa che il mondo ravvicinato ha di te e, come in uno specchio, anche la percezione di sé stessi rispetto agli altri. Il terzo, il più largo e forse il meno avvertito ma insieme quello più condiviso, è la percezione dell'efficienza complessiva del sistema all'interno del quale si vive.
Ebbene credo che oggi siano a rischio contemporaneamente tutte e tre questi livelli, o almeno, per una gran parte dei cittadini, tutti e tre mostrino una sorta di febbre: il sistema non dà certezze di affidabilità, la stabilità (o magari il potenziale miglioramento) del proprio ruolo sociale è messa in discussione per larga parte della società italiana da un processo di impoverimento che non è solo materiale ma anche di ruolo. E contemporaneamente i fenomeni di criminalità fanno apparire minacciata anche la zona più ravvicinata, quasi letteralmente la nostra pelle. Mi è capitato di dire che in una società impaurita, quando avvengono dei traumi anche soltanto vicini, questi vengano vissuti come una invasione insopportabile.
E' sempre Bauman a dire che la questione della sicurezza sia oggi al centro del marketing politico: i programmi elettorali - afferma il sociologo che ha inventato la formula della "società liquida" - sono spesso costruiti attorno a questo tema, così come le vendite dei giornali o gli indici dell'auditel salgono quanto più si parla di questo. Paure fondate e paure indotte, realtà e percezione possono apparire in contraddizione. Eppure le due cose convivono si mescolano.
La sicurezza è un problema reale e negarlo è un errore drammatico (certamente le forze della sinistra radicale, che lo hanno fatto, hanno pagato un prezzo salato a questo errore), ma è stato contemporaneamente un elemento fondamentale del marketing politico. Era, nella campagna elettorale, l'ingrediente più consistente usato dalla destra, cominciando dalla Lega che lo ha maneggiato con straordinaria abilità e improntitudine. L'uso della paura aiuta a vincere le elezioni, ma non aiuta a governare.
Queste paure bisogna allora disinnescarle attraverso risposte, sociali e culturali. Ecco, disinnescarle è probabilmente la parola giusta. Non si possono negare o rimuovere come non si possono cavalcare o alimentare. Tutto può stare nello stesso contenitore della paura, non importa quali siano le vere cause dei singoli fenomeni sociali. Tutti diventiamo potenziali vittime. Ma la vittima è un soggetto debole e passivo. Tende ad accettare protezione in modo acritico, fino a giustificare la violenza come forma di difesa. E il rischio, oggi davvero ravvicinato, è quello della giustizia sommaria, dell'imbarbarimento dei rapporti civili.
Perciò quel contenitore dobbiamo saperlo aprire e, con pazienza e coraggio, svuotare. E lo possono fare solo, insieme, lo Stato e la società. Lo Stato con un maggior controllo del territorio e con la severa certezza della pena. E poi la scuola che deve servire a formare cittadini consapevoli. E poi la televisione che deve educare alla coscienza critica e alla consapevolezza delle molteplicità del mondo. E poi nuove sicurezze sociali per chi sente drammaticamente di impoverire. E per quei ragazzi che vivono la drammatica condizione della precarietà.
E poi io sento il dovere, etico prima che politico, di contrastare l'insopportabile clima di "egoismo sociale" riaffermando la cultura della solidarietà come il migliore antidoto all'imbarbarimento del presente.
E' un impegno politico, ma credo sia anche, per ciascuno di noi, un pezzo del nostro "lavoro" di essere umani. Con quella consapevolezza che ci permette di agire per affrontare i rischi che si pongono di fronte a noi. Con quello sguardo agli altri, e al futuro, che è l'unico modo per squarciare il buio della paura e fare luce sul cammino che ci attende.
Walter Veltroni
La Repubblica 1 giugno 2008
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Cesare Damiano incontra i giovani del Pd
“Ho avuto la fortuna di scegliere il lavoro, sempre, e di farlo con entusiasmo”, con queste parole l’ex Ministro del Lavoro, Cesare Damiano, si è raccontato a noi, giovani del partito, durante un incontro a porte chiuse tenutosi presso la sede novarese del PD lo scorso sabato 24 maggio.
Secondo Damiano, il principio comune alla base di lavoro e politica è la passione, che deve essere elemento costante in ciò che si fa e in cui si crede. L’Onorevole si è complimentato con noi presenti per l’interesse dimostrato nei riguardi della politica, ribadendo la convinzione che la stessa debba avere un carattere pedagogico, specialmente per i giovani, affinché gli ideali del partito rispecchino gli interessi di tutti e non di pochi e si riflettano nel governo del paese.
Per Damiano, il partito deve essere ben radicato sul territorio affinché sostenga le esigenze locali. Ci ha invitato a proseguire nel nostro cammino e a promuovere il nostro pensiero ad altri giovani, affinché apportino a loro volta nuove idee.
Nel corso dell’incontro, ci è stato dato modo di rivolgere all’ex Ministro una serie di domande sul lavoro, sulla precarietà.
“E’ indubbio che la precarietà del lavoro porta alla precarietà della vita, ne consegue che non ci sia la possibilità di fare progetti a lungo termine”.
Damiano ha affrontato la questione evidenziando le diversità sul fronte occupazionale rispetto agli anni ’60, anni nei quali era entrato nel mercato del lavoro, il pessimismo diffuso tra la popolazione e il clima di incertezza nei riguardi dell’economia, la crescita costante dell’inflazione e l’aumento della criminalità.
“Sicuramente, la soluzione del problema non è semplice”. Ma l’Onorevole ha sottolineato l’importanza della formazione continua, poiché necessaria e indispensabile per uscire dall’indistinto, per accrescere e vendere la propria professionalità.
Naturalmente anche la classe politica deve far qualcosa: in primis, detassando le retribuzioni, poiché detassare gli straordinari non basta a produrre una spinta ai consumi per tutti i cittadini; in secundis, offrendo agevolazioni alle aziende perché assumano lavoratori con contratti a tempo indeterminato.
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