Non è sufficiente che lo Stato aiuti le banche. L’intervento deve trasmettersi a vantaggio delle famiglie e delle imprese. E deve essere ben regolato e trasparente
Gli emendamenti e le proposte del Partito Democratico sui decreti per la stabilità del sistema creditizio
I decreti “salva-banche” hanno cominciato il loro percorso per l'approvazione in Parlamento. Intanto, il Governo sta decidendo ulteriori modifiche all'apparato del “nuovo” intervento pubblico nel settore bancario e finanziario a cui hanno aperto la strada, sulla scia della crisi, le recenti decisioni europee e internazionali. Le motivazioni che stanno alla base di un intervento pubblico di urgenza per evitare fallimenti, o situazioni di difficoltà, di istituti bancari sono condivisibili, e hanno a che fare con la natura pubblica del risparmio, non a caso tutelato dalla Costituzione.
E' chiaro ormai a tutti che la crisi in corso avrà inevitabilmente effetti anche di tipo reale. Per contrastarli occorre una coraggiosa politica economica di sostegno all'economia e ai redditi: il Partito Democratico ha presentato una mozione parlamentare per impegnare il Governo a rielaborare gli scenari tendenziali di finanza pubblica alla luce delle nuove decisioni europee, in modo da fare spazio a provvedimenti immediati di aumento delle detrazioni fiscali per le famiglie, a partire dalle tredicesime di dicembre. Il PD impegna altresì il Governo a sollecitare in sede europea un coordinamento delle politiche fiscali dei paesi dell’Unione, e dello stesso bilancio dell’Unione, sulla scia di quanto già avvenuto per le politiche di intervento in materia di crisi finanziaria.
Il PD, con appositi emendamenti, propone:
a)un’estensione immediata e straordinaria dei meccanismi di protezione sociale a sostegno delle persone che rischiano, nei prossimi mesi, di perdere il lavoro e che non hanno copertura assicurativa contro la disoccupazione nel nostro incompleto sistema di welfare, che andrà poi velocemente sottoposto ad una riforma complessiva. Pensiamo in particolare ai settori produttivi che non hanno accesso all’attuale sistema di garanzie e ai lavoratori a termine. Il beneficio da corrispondere, in questa fase straordinaria, non potrà scendere al di sotto del trattamento pensionistico minimo;
b)l’estensione dei meccanismi di garanzia del credito per le piccole e medie imprese, attraverso la costituzione di un Fondo temporaneo e straordinario garantito dallo Stato che migliori la valutazione dei crediti che le PMI intrattengono con il sistema bancario direttamente oppure tramite il sistema dei Confidi;
c)un rilancio straordinario delle politiche per le infrastrutture pubbliche, sostenuto dalla mobilitazione delle risorse che la Cassa Depositi e Prestiti drena grazie al risparmio postale, e anch'esso possibilmente proiettato a livello europeo, cominciando a finanziare le infrastrutture europee con l'emissione di titoli pubblici dell'Unione, come fu proposto vent'anni fa da Delors e colpevolmente contrastato dalle destre e dai conservatori europei, compreso il centro-destra nostrano, che allora era “euroscettico”.
Il Partito Democratico ritiene che occorra anche discutere con più trasparenza e attenzione le modalità che potrà assumere questo “nuovo” intervento pubblico. Il fatto che esso sia necessario, e anche urgente, non può far dimenticare che conta anche il “come” lo Stato interviene in economia.
I nostri emendamenti prevedono:
a)che la possibilità che lo Stato diventi azionista delle banche sia limitata ai soli casi estremi, quando la banca è sull'orlo dell'insolvenza o di una grave crisi di liquidità. Negli altri casi, e sempre su proposta della Banca d’Italia, l'intervento pubblico può assumere la forma dell'acquisto da parte dello Stato di obbligazioni o altri strumenti finanziari emessi dalle banche coerenti con l’obiettivo di rafforzarne i coefficienti patrimoniali;
b)che la valutazione dell'”adeguatezza patrimoniale” delle banche, che la Banca d'Italia dovrà effettuare per proporre, se necessario, l'intervento dello Stato, debba tenere conto dei flussi di credito effettivamente erogati negli ultimi mesi, al confronto con analoghe fasi cicliche, per evitare che alcuni istituti, pur di “rientrare” velocemente nei coefficienti richiesti, abbiano contratto o stiano contraendo in modo anomalo i flussi di finanziamento ordinari al sistema delle imprese, e soprattutto a quelle di più piccola dimensione.
E’ necessario infatti evitare un paradosso: pur essendo il sistema bancario italiano quello che sembra uscire meglio dalla crisi, l’atteggiamento di “contrazione del credito” che sembra in questa fase attraversarlo potrebbe far trasmettere all’economia reale il colpo della crisi molto più velocemente di quanto stia accadendo in altri paesi europei, e ciò anche perché le nostre piccole imprese sono molto sensibili alle condizioni creditizie.
Un ulteriore emendamento del PD si occupa di stabilire cosa lo Stato chiede in cambio alle banche che vengono aiutate a tirarsi fuori dai pasticci grazie al suo intervento, e quindi con risorse direttamente o indirettamente a carico dei contribuenti. Affinché la politica pubblica non si limiti a “salvare le banche”, ma possa esercitare un vero effetto di stabilizzazione dell’economia, i benefici dell'intervento non devono fermarsi ai bilanci delle banche, ma devono trasmettersi fino ai bilanci delle famiglie e delle imprese.
Alle banche “aiutate” vanno, secondo la nostra proposta, poste quattro condizioni:
a)aiutare a loro volta le famiglie. E lo possono fare in due modi: abbassando i tassi variabili a cui sono agganciati i pagamenti dei mutui per l'acquisto della prima casa, trasmettendo così immediatamente a vantaggio delle famiglie il minor costo che le stesse banche hanno ottenuto per i loro finanziamenti, garantiti dalle Banche Centrali e dai Governi, e quindi meno costosi di quanto avvenisse appena qualche settimana fa;
b)impegnandosi a non far scattare le ipoteche sulle prime case delle famiglie in difficoltà, promuovendo appositi schemi che consentano a queste famiglie, almeno, di non perdere la possibilità di alloggiare nelle case che hanno comprato ma che non sono più in grado di pagare;
c)aiutare a loro volta le piccole e medie imprese, impegnandosi a mantenere inalterato il trend storico dei flussi di credito erogati a questo importante comparto del sistema produttivo italiano;
d)modificare gli schemi retributivi del proprio management, escludendo per almeno un anno la corresponsione di premi e bonus e rivedendo poi il complessivo schema di incentivazione dei manager, ancorandolo non più a obiettivi di breve termine, ma a parametri di lungo periodo.
Per dare piena trasparenza al “nuovo” intervento pubblico il Partito Democratico propone l’istituzione di un Comitato per l’attuazione delle misure per la stabilità del sistema creditizio, presieduto dal Ministro per l’economia e le finanze, che relazioni sull’attuazione degli interventi al Parlamento e alla pubblica opinione con cadenza mensile per i primi sei mesi e successivamente con cadenza trimestrale.
Infine, il Partito Democratico ha elaborato una proposta sulla questione dei Fondi Sovrani. In base a questa proposta l’Italia deve assumere nel suo apparato normativo i criteri di regolazione derivanti dalle esistenti raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale e dell’OCSE, evitando di cadere in un inutile e dannoso eccesso protezionistico. Nella proposta del PD si prevede la possibilità di intervento difensivo da parte dello Stato nel caso di Fondi che non si siano adeguati ai criteri di trasparenza, rendicontazione e governance contenuti nei “principi di Santiago” e nel caso di assunzione di partecipazioni di controllo in settori strategici.
www.partitodemocratico.it
giovedì 6 novembre 2008
Le proposte del PD sui decreti per la stabilità del sistema creditizio
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